La favol(ett)a di Lorenzo AKA Almond

Certezze? ......Nessuna!

Di Tina che non credo abbia mai assaggiato una treccia alla panna di Veronese

da un post su Facebook del 9 sett 2020

Accendo l’ autoradio e metto in moto, come al solito senza curarmi che poi la musica si interrompe e che riparta dopo qualche secondo. A volte è fastidioso, ma stamattina l’effetto sembrava fatto ad arte per mettere l’accento sul brano che stava iniziando. Quasi come “Lorè, guarda quanto ti ho pensato questa notte, in attesa che tu mi accendessi col tuo tocco e mi facessi gridare di nuovo: guarda che ti ho preparato…”
Appena il display è tornato ad illuminarsi e i circuiti hanno sintonizzato e decodificato il segnale, dalle casse, potente, irrompe la voce di Otis Redding… I’ve been loving you, too long, to stop now! Ta-ra-ta-ra-ta-ra-ta-ra-ta!!!
Wow! Brava, radio mia! Bell’inizio di giornata! Grazie!
Alla fine però non mi basta, allora collego il cell alla presa aux e cerco sul Tubo la stessa canzone per ascoltarne altre versioni. Carine, si. Un po’tutte uguali all’originale. E se si sono inventati qualcosa di nuovo l’hanno storpiata.
Ah, c’è pure Tina Turner col marito… naaa.
M’è sempre stata un po’ sulle p… , salto. Ma si! Sempre a fare la sex bomb, sempre al limite del volgare.
No. Non mi piace!

Intanto il peccato (di gola) si fa strada, anzi prende il comando dell’auto e punta dritto verso quel bar dell’amico Gabriele che c’ha le trecce alla panna di Veronese, le migliori al mondo, le uniche che la fanno in barba a glicemia e colesterolo e persino alle abbuffate della sera precedente.
Ok.
Una.
Senza caffè.
Per partire bene….
Ma si, che peccato mai sarà?
Bella anche a vedersi: l’impasto dorato, una spolverata di zucchero a velo per ingentilirla e per appagare anche l’olfatto col suo sentore di vaniglia. E poi quei riccioli di panna candida e soda tanto da non scivolare sciogliendosi, affacciati lungo il bordo tagliato di netto a suggerire quanta altra ce ne possa essere tra le due valve della treccia, seducenti….
Esco fuori dal bar e me ne vado in macchina, sportello aperto, in un posto isolato del piazzale: ho bisogno di raccoglimento per vivere bene questa esperienza.
La prima valutazione delle forme, delle curve e delle protuberanze di panna è solo l’inizio. Quello che fa la differenza, che rende il primo morso un morso di successo, è solo l’esperienza: immaginare sotto la pasta leggera e friabile in superficie quale possa essere la consistenza della bianca farcitura, in quale cavità interna possa essercene una quantità eccessiva che renderebbe l’affondo disastroso, una drammatica fuoriuscita incontrollata e conseguente affliggente caduta e spiaccicamento a terra dello stesso.
Ma, non è per vantarmi, il gioco lo conosco bene, so esattamente con cosa mi sto confrontando e so far uso delle mie armi migliori. Le mani afferrano il dolciume dosando la forza della stretta dopo aver individuato la costa meno cedevole, di solito a due terzi in basso della parte di treccia non farcita. Il movimento di dita per posizionare il tovaglioletto deve essere preciso e delicatissimo: spingere anche di poco la carta la farebbe collidere coi riccioli bianchi e allora l’unico rimedio sarebbe una inelegante succhiata di salvataggio. I lembi del tovagliolino vanno ripiegati e, scavalcati, tenuti con le dita di presa, rendendo visibile tutto il fronte di gioco.
A questo punto la strategia è pronta per essere messa in campo e la lingua inizia a bonificare le parti più a rischio. A volte occorre andare di punta, in altre la leccata a spatola si rivela migliore…..
Sto per giocare la carta del morso, di solito in collaborazione con le labbra che debbono sporgersi un po’ per contenere la briciole che scricchiolando saltano via. Nessuno spreco!
Mah, diamine, qualcosa mi disturba il pensiero… stamattina mi distraggo troppo e rischio di non giocare una buona partita.
La lingua riparte di sua iniziativa, sembra animata da spirito più intraprendente del solito…. è curiosa. Indaga tra le crepe centrali del lato inferiore della treccia…. E di nuovo il disturbo, la distrazione.
Ecco, ora ho focalizzato: si sta insinuando un pensiero erotico! Ma è possibile? Che mi prende? Perchè?
Non so, non ti saprei dire, ma visto che peccato devo fare, lo faccio per bene: apro le valve della treccia e mi si presenta tutta quella roba lì, invitante e seducente… ormai le tempie stringono e non c’è più alcun controllo, mi lascio andare a qualcosa di mai fatto prima (con una treccia): aperta, la metto di tre quarti in verticale, di fronte a me ad altezza di naso, tra occhi e bocca, e dopo un breve studio delle sue forme e abbondanze, socchiudo gli occhi – Si!Senza guardare! Il gioco è duro e ci si immola con spregio dei rischi! – caccio la lingua, abbastanza larga, ma non svaccata e ….
Una leccata dolcissima, coinvolgendo la superficie linguale da quella più interna fino ad arrivare alla punta, raccogliendo gran parte del biancore sull’impasto umidiccio. Poi richiamo in bocca la lingua carica e la presso verso il palato, delicatamente, tanto da sentire scoppiettare le piccole bolle d’aria incamerate dalla sostanza leggera.
Estasi!
Quasi goduria!
Mi sento un porco!
Beato, ma porco!
……
Dopo una decina di versioni è chiaro che il top è quella originale. Mo’ la posto, così , giusto perchè è bella.
“Ma sti cavolo di preconcetti, Lorè! E sentile davvero tutte, dai!”
“Già fatto, tranquilla”
“Ma dai! Ci sta quella di Ike e Tina Turner! Senti anche quella!”
“Ma è …. volgare!”
“Tsè, parli proprio tu? Proprio stamattina? Dai, non fare il santarello!
“Ehm, effettivamente hai ragione…. Ok.”
🎶🎤….. 😱 …… 😳 ….. 🤪

……..

“E tu pensa che lei stava “giocando” con suo marito. Tu invece, Lore’ … con una treccia!!! 🤦🏻‍♂️”

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