Il pendio è ancora illuminato dagli ultimi raggi del sole ormai basso. Un sentiero sterrato si inerpica tra arbusti che fanno da simbolico parapetto, sebbene nulla potrebbero in caso di eventuale passo in fallo: il mare rombante di onde che si infraggono sugli scogli non sembra essere una rassicurante meta, dalla direttissima che il malcapitato rischierebbe di prendere scivolando
Siamo in tre a salire: io faccio da apripista e da traino al ragazzone disabile che mi sta attaccato al braccio destro, proteso all’indietro. Dietro di noi una figura indefinita, ma sicuramente femminile.
La pendenza è notevole, ma i nostri passi non lasciano trasparire alcuno sforzo. Anzi, il profumo di alcuni fiorellini silvestri sembra avere effetto stimolante ed energizzante.
Quasi al culmine, dove il sentiero comincia a ripianarsi e si arieggia in uno slargo con l’esatta funzione di belvedere, tra i rovi sulla destra, disturba la natura selvaggia una sagoma metallica.
Risuona, sempre più riconoscibile, un brano dalla cadenza lenta e ben scandita, con intarsi di note orientaleggianti. La voce è non qui e non ora, è un pensiero, ricorrente, ricordante.
Incuriosito, chiesto ai miei compagni di fermarsi con me, guardo tra le fronde e capisco che è una Volvo V70R di fine anni ’90, ma il posto guida e il cofano posteriore si distanziano in modo sproporzionato. Il mezzo è un qualcosa di più lungo ancora di una limousine ed è palesemente bloccato, in quella posizione col muso inclinato di almeno 45 gradi, verso il baratro.
Al posto guida un mio ex “collega” commerciante, tipo tranquillo che non si è mai sbattuto per arricchirsi e ha maturato una carriera col solo che riusciva a fare con l’aiuto della moglie, è li, un po’ tirato indietro col sedile, che sta contando 40 milioni di euro in banconote da 20.
Non che m’avesse fatto effetto, neanche invidia e neanche che provassi desiderio per quel denaro, ma mi ero incamminato verso il cofano posteriore, quasi a livello col sentiero, per salutarlo, quand’ecco che scorgo un uomo seduto su una sedia dentro l’ampio bagagliaio, a guardia della situazione, come se potesse essere efficace in questo. Si tratta di un altro ex “collega”, ma di un comitato feste della mia contrada, ben oltre i 70 e di indole docile e pacioccoso, per quanto uno possa esserlo con gli acciacchi di una vita da imprecare.
Sta anche lui contando 130 euro – soli – e con lo sguardo mi da ad intendere di proseguire senza indugi il mio cammino, ché non c’è trippa per gatti.
Benissimo, azzero la cortesia dei saluti e dopo pochi passi il vento di risalita ci appaga almeno tanto quanto la stupenda vista su un infinito mare verde e blu, noi tre, l’uno col braccio sul collo dell’altro, io, il ragazzone e la figura indefinita, ma sicuramente femminile.
Solo dopo lunghi minuti, o mezz’ore, è suonata la sveglia, portandosi via brezze e profumi.